Qualche giorno fa, mentre mi
trovavo al lago di Albano, vicino alla riva sono stata catturata da una scena
molto tenera: un gruppo di piccoli anatroccoli seguivano la mamma chioccia in
ogni dove: Sporadicamente, qualcuno dei piccoli si sganciava e tentava un
movimento solitario, ma la mamma chioccia lo andava a riprendere per
riportarlo nel gruppo. Subito dopo questo momento tenero, vedo uno degli
anatroccoli rimanere indietro, sembrava disorientato. Era il più spelacchiato del gruppo, e anche per questo aveva attirato la mia attenzione. In un istante si avvicina
un’anatra adulta per attaccarlo, imbeccarlo, e in pochi secondi l’anatroccolo è
morto. Poco dopo ripassa la
mamma chioccia con gli altri anatroccoli, ma va oltre il corpicino inerme, senza fermarsi o cercarlo.
Mentre guardavo quegli istanti di
lotta tra l’anatroccolo e l’adulto, il primo istinto è stato quello di
avvicinarmi e “salvare” il piccolo. Ma poi non mi sono mossa perché, al di là della
reazione emozionale, sapevo che non avevo diritto di interferire in quel
momento di “storia dell’evoluzione” che senz’altro sarà stato spinto
dalla spinta naturale di preservare gli esseri più forti e sani.
Quante volte invece ci stacchiamo
e ci sentiamo superiori rispetto alle regole insite nella natura. Noi
interveniamo su tutto: deviamo corsi d’acqua; decidiamo chi far morire (es. chi
è appassionato di caccia all’animale per il piacere di farlo, non perché se ne
nutre una volta ucciso) e chi far vivere (quante volte lottiamo per far vivere
esseri che vivranno sofferenti), accarezzando il nostro ego perché abbiamo fatto una
“buona azione”; bruciamo foreste; ci uccidiamo perché non ci piacciamo, nelle nostre diversità, etc. etc..
Tutto è dettato dall’emozione.
Mentre la coscienza dorme, dunque, tutto accade nell’illusione dell’
inevitabile. A guidare è il sonno di una mente condizionata che ci fa sentire
vivi, mentre camminiamo come “zombi viventi”.
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