Ieri ho assistito allo spettacolo teatrale “Finché morte non
ci separi? La menzogna dell'Amore, di Giuseppe Giuseppe Oppedisano, al teatro
Tordinona di Roma.
Uno spettacolo crudo, realistico, attuale e dai toni forti,
che ha descritto tutti i tipi di violenza sulle donne, che non hanno confini
geografici, né di epoche storiche.
La violenza nei confronti della donna accomuna
ancora molte culture, società, classi sociali, e religioni patriarcali improntate sul maschilismo.
La compagnia teatrale, ha inscenato con maestria e senza
retorica varie tipologie di abusi. Infibulazione, abusi sui minori, lapidazione,
violenza fisica, violenza sessuale, stupri di gruppo, violenze in nome di un
dio che è tutto fuorché amorevole (…almeno, non nei riguardi di tutte le
discendenti di Eva), violenze etniche, violenze psicologiche e fisiche dentro
le cosiddette “mura domestiche”, bullismo, cyberbullismo, revenge porn che oggi
va molto di moda.
Secondo recenti dati UNICEF sui casi di mutilazioni genitali
femminili, l'Africa è il continente più colpito con oltre 144 milioni di donne,
seguito dall'Asia con 80 milioni. Al terzo posto il Medio Oriente (6 milioni).
La mia riflessione? con la supremazia del
patriarcato nel pianeta, l'essere umano continua ad invertire
la rotta della sua evoluzione.
Caparezza, nel brano Bonobo Power, canta che “la razza di
scimmia bonobo è l’evoluzione dell’uomo”.
Eh già. Forse è davvero così, visti i suoi usi sociali decisamente migliori rispetto all'essere umano.
Di certo non usa violenza fisica sulle femmine della comunità.
La violenza sulla femmina umana è un’abitudine dei maschi
condizionati al comportamento di dominio sessuale e psicologico, al considerare
la femmina un “possedimento” personale.
John Lennon ha scritto la canzone Woman is the nigger of the world che vi suggerisco di ascoltare. E’ stata una delle meno conosciute…chissà
perché.
Il film “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi, che per me è un capolavoro, ricorda che la donna italiana ha il diritto di voto solo dall’1
febbraio 1945.
La religione cattolica, intrisa di parole come
amore, perdono, tolleranza, carità ha tramandato l’immagine della donna come “tentatrice
dell’uomo”, dunque isolata o violentata, da Tamar ad Agar, e tante altre
donne per giudizio divino.
Grazie alle esperienze di SessualMente che porto avanti da circa 15 anni, il tema del senso di colpa, della vergogna in relazione al corpo delle donne è molto comune e condiziona in altro modo anche gli uomini.
E per molti rendersi conto che la donna per sua natura è più direttamente
connessa con la sua energia sessuale e con l’energia creatrice della Terra rispetto all'uomo è una scoperta. Non intendo con questo stigmatizzare il maschio. Questo farebbe il gioco di chi intende solo esaltare discorsi di superiorità.
La cosiddetta festa della donna dell’8 marzo dovrebbe essere stravolta rispetto al senso che ha assunto. Basta mimose. Osserviamo invece il genere umano nella sua storia che tramanda geneticamente.
La storia testimonia che la donna è stata spesso
l'iniziatrice, la portatrice di conoscenza.
Voglio portare attenzione sulla preziosità
di essere complementari tra maschi e femmine, partendo dall’uguaglianza piuttosto che dalla
differenza di gender.
L'uguaglianza di gender può aprire gli occhi sulla ricchezza
dell'essere complementari tra maschi e femmine e lo stesso vale per le persone
omosessuali e transessuali.
Esaltare la differenza di gender tra maschi e femmine è
molto rischioso. Avalla rapporti sociali di dominanza e perciò di
sottomissione. Essere diversi vuol dire tutto e niente. Apre la porta a una molteplicità di potenziali supremazie e quindi sottomissioni,
oppressi e oppressori, deboli e forti, schivi e padroni.
Essere complementari nell’uguaglianza di base tra maschi e
femmine non condiziona al possesso, alla dominanza e infine alla violenza
quando le regole del possesso/dominanza non vengono rispettate. C'è ancora da guarire i sensi di colpa delle donne quando vivono con
libertà la loro uguaglianza di genere, per cui se una donna viene stuprata è normale ipotizzare che sia stata lei a provocare il maschio con la sua presenza
sensuale o semplicemente con la sua presenza sessuale femmina.
Femmina e maschio siamo complementari nei ruoli, nei modi di
essere nella vita, nei modi di funzionare del fisico e della psicologia, nel
modo di usare i due emisferi del cervello. Essere complementari implica anche
potersi potenzialmente scambiare di ruolo, ma questo è destabilizzante per l’ordine
sociale. Ecco dunque che è meglio demarcare le differenze. Così a ciascuno il
suo, pertanto l’invasione nel campo altrui implicitamente va bene che sia punita.
Forse che nella necessità di rimarcare le differenze di
genere c’entri un dio a cui sono state attribuite parole come “io sono il tuo
dio, non avrai altro dio all’infuori di me“… un dio maschio, appunto.
Nello spettacolo teatrale “Finchè morte non ci separi? La
menzogna dell’Amore” interessante la voce fuori campo che mentre vanno in scena quadri
di violenza contro la donna, ricorda che esiste il dio (patriarcale) che fa sentire la sua amorevole presenza anche mentre esseri creati a sua immagina e
somiglianza vengono lapidate fisicamente o psicologicamente, infibulate, uccise
in nome di un volere divino.
Sull'8 marzo ho letto su Viber questa frase che mi ha fatto venire i brividi: “celebriamo le
nostre fantastiche donne”. Celebriamo le nostre
donne, quindi chi celebra la donna è l’uomo, l’uomo quindi celebra il suo (aggettivo possessivo) possesso.
E’ questo stesso possesso che ha portato milioni di maschi
nel mondo ad uccidere le “proprie” femmine o a renderle innocue e soggiogate. In
particolare, fra il 2017 e il 2021, il 45% delle donne uccise è morta per mano
del proprio partner, il 9% da un ex partner e il 26% da un altro parente. Dunque
l’80% delle donne vittime di omicidio sono state uccise da un familiare o un
partner. Mentre gli uomini uccisi dal partner o dall’ex partner sono il 3.7%.
Nel 2022 nel mondo sono state uccise quasi 89.000 donne di cui il 55% per mano
di familiari o partner. Solo in Italia 120 le donne uccise da familiari o
partner nel 2023.
Quindi ricorrenza delle operaie morte nella fabbrica newyorkese nel 1908, per molti è
diventato il rituale del ramo di mimosa regalato alla “propria” donna, accompagnato
da un grande vaffa però da parte degli alberi di mimosa violentati a loro
volta.
È diventato per molti un rituale sociale vuoto per mettere a posto la
coscienza. Intanto la donna rimane prigioniera in un mondo la cui facciata inneggia
alla libertà e all’uguaglianza.
Lo spettacolo teatrale, che come state leggendo mi ha
fornito molti spunti di riflessione, sarà in scena al Teatro Tordinona di Roma fino
al 10 marzo. Vale la pena andare a vederlo e partecipare con occhi, mente e
cuore aperto.
Ed è curioso che il teatro si trovi proprio accanto al “muro
delle bambole” a Roma che è dedicato alle donne uccise vittime di violenza
maschile.