giovedì 17 luglio 2014

La morte del "brutto anatroccolo"...



Qualche giorno fa, mentre mi trovavo al lago di Albano, vicino alla riva sono stata catturata da una scena molto tenera: un gruppo di piccoli anatroccoli seguivano la mamma chioccia in ogni dove: Sporadicamente, qualcuno dei piccoli si sganciava e tentava un movimento solitario, ma la mamma chioccia lo andava a riprendere per riportarlo nel gruppo. Subito dopo questo momento tenero, vedo uno degli anatroccoli rimanere indietro, sembrava disorientato. Era il più spelacchiato del gruppo, e anche per questo aveva attirato la mia attenzione. In un istante si avvicina un’anatra adulta per attaccarlo, imbeccarlo, e in pochi secondi l’anatroccolo è morto. Poco dopo ripassa la mamma chioccia con gli altri anatroccoli, ma va oltre il corpicino inerme, senza fermarsi o cercarlo.

Mentre guardavo quegli istanti di lotta tra l’anatroccolo e l’adulto, il primo istinto è stato quello di avvicinarmi e “salvare” il piccolo. Ma poi non mi sono mossa perché, al di là della reazione emozionale, sapevo che non avevo diritto di interferire in quel momento di “storia dell’evoluzione” che senz’altro sarà stato spinto dalla spinta naturale di preservare gli esseri più forti e sani.
Quante volte invece ci stacchiamo e ci sentiamo superiori rispetto alle regole insite nella natura. Noi interveniamo su tutto: deviamo corsi d’acqua; decidiamo chi far morire (es. chi è appassionato di caccia all’animale per il piacere di farlo, non perché se ne nutre una volta ucciso) e chi far vivere (quante volte lottiamo per far vivere esseri che vivranno sofferenti), accarezzando il nostro ego perché abbiamo fatto una “buona azione”; bruciamo foreste; ci uccidiamo perché non ci piacciamo, nelle nostre diversità, etc. etc..
Tutto è dettato dall’emozione. Mentre la coscienza dorme, dunque, tutto accade nell’illusione dell’ inevitabile. A guidare è il sonno di una mente condizionata che ci fa sentire vivi, mentre camminiamo come “zombi viventi”.           

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